Il cielo per ultimo

Ci vuole un villaggio

Nella Newsletter n. 19 di “Ci vuole un villaggio”, Silvia De Bernardin parla di “una serie di foto, un po’ di numeri e un romanzo per parlare di paternità e congedi”.
Il libro cui si riferisce è “Il cielo per ultimo”.

È un romanzo, questo di Michele Cecchini, che tra le righe della storia principale dice tanto su tante cose diverse: riflette sul valore delle parole e sui meccanismi della comunicazione, allarga i confini della “famiglia” alla comunità, indica la gentilezza come un modo possibile di stare al mondo e di trattare se stessi, le proprie debolezze e quelle degli altri.

 

Filastrocca del bambino in bianco e nero

In un paesino piuttosto lontano
c’è un’altra storia a portata di mano.
C’era un bambino e credetemi è vero
che vedeva il mondo in bianco ed in nero.
Altri colori non vedeva dintorno
dovunque guardasse, di notte e di giorno,
d’estate o d’inverno, domani o anche ieri,
i colori eran quelli: i bianchi ed i neri.
Se c’era la nebbia andava benone,
gli piacevano il latte e pure il carbone.
La tastiera del piano suonava il piccino
a cui era gradito il ciel cinerino.
I gatti sui tetti eran per lui tutti bigi
da loro saliva su una scala di grigi.
Da lì poi osservava, almeno presumo,
uscir dai comignoli il nero del fumo.
Il problema sorge col giallo del sole
e poi non sa come chiamar le viole.
Dei film di altri tempi lui s’accontenta
ma non lo portate in Piazza Magenta.
Al ristorante ha molta paura
ad ordinare per sé la verdura
e penserei che lo facesse apposta
chi gli dicesse di mangiar l’aragosta.
In una favola – meglio se lo sussurro –
non gli parlate mai del principe azzurro,
rendetela pure movimentata,
ma non dev’esser per forza turchina la fata!
Non pensate che il bimbo sia triste,
tante cose comunque le ha viste…
Col suo difetto può prendersi gioco
del rosso del sangue e di quello del fuoco.
E poi vi rivelo nell’orecchio un segreto:
alla fantasia non è mai fatto divieto!
Certo, pensare ai colori di certo son guai
per chi di sicuro non li ha visti mai
Ci vuole una bella immaginazione
a pensare al giallo, al verde e al marrone.
Immaginate al semaforo, quanta incertezza,
ma chissà se lui arrossisce di timidezza.
Non può che vivere in grande allegria
un bambino costretto ad usar fantasia.
Qui mi interrompo, che mi sono stufato,
ma un mondo a colori può esser pensato!

Filastrocca della semplificazione

C’era una volta: poco tempo fa
un centro abitato: una città.
In questo posto a poco a poco
si prese l’abitudine, o forse era un gioco
di semplificare a più non posso
e tutte le cose ridurle all’osso.
Bisogna semplificare, signori!
Lo disse anche il sindaco con gli assessori.
Si usino poche precise parole
e in cielo ci siano o nuvole o sole.
Anche per strada, che avete da dire?
Non vi lamentate, per poi compatire.
State in guardia, siate circospetti,
specie se incontrate bambini o vecchietti.
E per evitare gli sbalzi di umore
non parlate con gente di diverso colore.
Andate di corsa, andate di fretta
non indugiate in ciò che vi alletta!
Di cose da fare ne avrete di meno
eppure ciascuno correrà come un treno,
e se proprio ci tenete a stare un po’ fermi
chiudetevi in casa davanti agli schermi.
Leggere ormai sarebbe un pretesto
basta una riga, non tutto il testo.
Ma che dico una riga? Una paroletta
purché scritta grande sulla maglietta.
Siate stringati in ciò che pensate
che noia, che palle se argomentate!
Così fu trovato appena in tempo
il modo più semplice di vivere a stento.
La storia finì semplicemente
che del pensiero non se ne fece più niente.
Nessuno sentiva il tempo che vola
e ogni persona rimase più sola.

Robinson Libri

Su Robinson Libri, l’inserto letterario di Repubblica, è uscito un articolo di Piergiorgio Paterlini su Il cielo per ultimo.

Sabato 14 marzo 2020

Per la rubrica: Testo a Fronte

© 2024 Michele Cecchini

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