“A vederlo pareva morto, ma non dev’essere ancora morto per bene”, dice il Falco alla Fata Turchina nel romanzo di Collodi.
Oggi Pinocchio ha quarant’anni, varie psicosi e vive insieme alla moglie e alla figlia adottiva in una periferia della Toscana. Tutti lo conoscono come Beo, da scarabeo. Stercorario, per la precisione.
Il suo Paese dei Balocchi è il dancing della locale Casa del Popolo, che frequenta il sabato sera insieme all’amico Luciano. Prova a moltiplicare le monete con il “Gratta e vinci” e i suoi piedi non si bruciano, ma soffrono di psoriasi, interpretato come segno di disfacimento imminente.
Vittima di allucinazioni, è ossessionato in particolare dai marziani, ritenuti responsabili del rapimento del padre, scomparso da tempo.
Per scongiurare le disgrazie sempre pronte a piovergli addosso, Beo impone a se stesso una miriade di regole, pratiche e cerimoniali che lo rendono legnoso e burattinesco. Eppure, malgrado tutto, insiste nel cercare la poesia nel degrado, l’incanto nello squallore.
Dopo una serie di avventure dal sapore fiabesco e picaresco, una sera la persecuzione dei marziani prende corpo per davvero: Beo se li ritrova faccia a faccia, e da quel momento la sua vita cambia. Perdersi definitivamente sarà il prezzo da pagare per ritrovarsi ed essere finalmente persona.
Con il suo sguardo disincantato eppure leggero nei confronti del mondo, Michele Cecchini ci accompagna tra pagine scanzonate e insieme strazianti, dai risvolti sorprendenti, attraverso una scrittura estremamente poetica, delicatissima.