In un condominio della città di Lucca, alla fine del ‘900, due bambini, improvvisamente, scompaiono. Tutto ristagna, tutto è arido e atrofizzato in un microcosmo aggressivo e fatiscente, contraddistinto da provvisorietà e cinismo, popolato da personaggi privi di identità, intimoriti, incapaci di relazioni autentiche, prigionieri di forme di conoscenza parziali e contraddittorie. Immobilizzata in una ciclica ripetitività, ogni cosa sembra avere esistenza simultanea, così vita e morte finiscono per confondersi.
Alla densità dello stile, alla frammentarietà, allo stravolgimento farsesco contribuisce uno sperimentalismo linguistico che mescola gergo e riferimenti letterari, burocratese e dialetto, essenzialità e dettagli.
Tra disgusto e compassione per le debolezze umane, una tensione dolorosa percorre tutto il romanzo, evocando il senso di artificiosità del reale: il presente come se fosse già passato.
(La luce filtrava ampia: una mostra di acquerelli di Leonardo Locchi)