A Valerio vengono idee (meno male)
Valerio Aiolli, RADIO MAGIA, ed. Minimum Fax – dicembre 2022
A Firenze, alla fine degli anni 70, un gruppo di ragazzi decide di dare vita a una radio libera. In pochissime parole, questa è la storia che Valerio Aiolli propone nel suo ultimo romanzo, “Radio Magia”.
Se sia frutto di fantasia, di sentito dire o di vissuto autobiografico, che importa (lo stesso Valerio in proposito è assai evasivo). Forse è un romanzo corale, oppure un romanzo di formazione di una voce narrante interna che rimane anonima, anzi anomignola, considerati gli altri amici suoi (Toppa, Gipo, Peppo, Sdei…), oppure un romanzo generazionale, che intercetta una fetta di popolazione giovanile allora non allineata ai movimenti, afona, “scazzata”, per citare il testo. Un’alterità che emerge anche nel modo di esprimersi: Usava un linguaggio diverso. Parlava come se riuscisse a esprimere la rabbia, l’indignazione e la speranza in un mondo migliore con parole che erano soltanto sue, e che mi sembravano vere, a differenza di tutte quelle che avevo ascoltato fino a quel momento.
Il mosaico messo in piedi da Valerio Aiolli prevede una serie di personaggi buffi, strampalati ma tenaci, determinati, animati da un sincero, ingenuo desiderio di esserci, di orientarsi anche nel proprio privato, spesso caratterizzato da dolore e rinuncia.
L’ambientazione è tutta fiorentina. A Firenze convergono le esperienze esterne (le vacanze, i dischi acquistati), di Firenze si raccontano scorci inusuali, a volte registrandone i cambiamenti nel tempo.
E poi c’è la radio, con tutta la sua carica: espressiva, eversiva e di evasione. Anche qui l’autore si sofferma sul linguaggio: Diceva pochissime parole al microfono, ma sembrava le avesse scelte con cura prima di arrivare e le avesse imparate a memoria, senza esitazioni, senza ripetizioni, senza quelle incertezze e quelle pause di cui erano infarciti i nostri pur brevi monologhi.
Non solo, dunque, cosa dà la radio a chi la ascolta, ma anche a chi la fa. Per questo non si può parlare di disimpegno da parte dei protagonisti, di sguardo rivolto altrove. Semmai della ricerca di un’alternativa per affermare la propria identità. I ragazzi decidono il nome della radio, ne delineano il palinsesto, conducono i programmi, si documentano, discutono, si impegnano.
Per esulare dal romanzo verso i temi che il romanzo suggerisce, la rievocazione dell’epoca delle emittenti libere non può non condurre a una riflessione sull’importanza della radio, della sua centralità (chi si occupa di libri lo sa bene) e dunque dei suoi destini. Anche in relazione alle nuove tecnologie – basti pensare ai podcast.
Il segnale di Radio Magia viaggia su una frequenza anomala. La sede è in una cantina: una stanzetta umida, buia che è luogo simbolico di immersione ed emersione, cui si accede da una porta che non si apre, ma si solleva. Forse, chissà, una metafora della scrittura.